“Niente è come sembra”
Francesca Bertuglia ospita “Niente è come sembra”, i collages di Marisa Coppiano, architetto di grande sensibilità, che cuce progetti su misura e taglia materie e carte per i suoi collages.
Tutto è iniziato intorno al tavolo da lavoro pensando all’alchimia che avrebbe potuto fondere le personalità dei due architetti: Francesca, sapiente interior designer che ospita nella sua home gallery Marisa e i suoi collage. Si sono dette che un architetto diventa un ottimo anfitrione quando trasforma in home gallery il proprio appartamento, che si spoglia dalla sua mera funzione di essere occupato da cose e persone per ospitare l’arte. Partendo da quest’idea, Francesca condivide con Marisa l’idea di diffondere l’arte in maniera diversa permettendo a collezionisti e visitatori di avvicinarsi alle opere nel contesto informale e accogliente di una casa, la sua casa.
Marisa Coppiano, vive e lavora a Torino. Dopo un master alla Domus Academy con Gaetano Pesce, è stata per dieci anni responsabile dell’attività espositiva della Regione Piemonte. In questi anni come architetto e concept designer ha progettato gli spazi deputati agli exhibit e l’allestimento di più e più mostre in Italia e all’estero.
Nei suoi collage, carte strappate da riviste e giornali, l’artista si riappropria della cultura figurativa contemporanea a cui si ispira per decodificarla e trasporla sul foglio con una nuova grammatica di segni e di stereotipi, interpretando con immagini oniriche il mondo femminile o riscoprendo nei nuovi ritratti un alter ego alla propria immagine.
I miei collages sono un elogio alla lentezza e nascono dall’esigenza di trovare “una stanza per sé”, in un mondo che imprime ritmi pressanti.. Una stanza ove si possa esercitare senza alcuna remora il “libero arbitrio”.
Sono pensieri a briglie sciolte, che si traducono in visioni; talvolta sogni trasferiti sulla carta con la carta; riflessioni su tematiche a me profondamente vicine; traduzioni in immagini di accadimenti personali, talora intimi, talvolta perfino indecenti nella loro privatezza.
E’ come se con i collage aprissi per un attimo cassetti molto segreti, scatole riposte sul loro fondo e ne tirassi fuori a poco a poco fili che avevo io stessa dimenticato o volutamente seppellito nel caos della quotidianità.
Può darsi che l’immagine che ho di me stessa sia solo la parte dell’immagine che si può vedere di per sé. Ma non posso vedermi. Ciò non significa che io non sia parte dell’immagine.
E come Laing quando vede il suo volto nello specchio , si chiede cos’è, se è una maschera, non sa più se ha davvero un volto, anch’io mi domando: “Come posso essere certa che ciò non sia un sogno?” Niente è come sembra