La trama infinita di Tiziana

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L’incontro con Tiziana Menegazzo – una delle tre artiste invitate da Marisa Coppiano per l’edizione invernale di Le4Stagioni in LuoghiComuni – mi ha permesso di conoscere in anteprima il lavoro che l’artista ha prodotto e perdermi dentro la ricchezza sfaccettata dei suoi percorsi.
L’universo di Tiziana è senza ombra di dubbio connotato dalla ricchezza di rimandi artistici, filosofici, letterari, storici…L’artista fonde nelle sue opere mondi diversi del sapere, creando un dialogo avvincente, ammantato di grande bellezza.
E il pot pourri che connota le opere di Tiziana rimanda inevitabilmente allo storico dell’arte tedesco Aby Warburg,  noto ai più per le Tavole dell’Atlante, considerate la materializzazione del suo metodo di lavoro.
A differenza dei suoi colleghi, non si limitava a studiare l’opera d’arte da un punto di vista meramente estetico, ma ne indagava i rapporti con la storia e la società dei quali era prodotto, istituendo così legami inediti per l’epoca. Da questo suo approccio innovativo nascono le Tavole di questo Atlante mai concluso, in cui immagini appartenenti al mondo dell’arte, dell’archeologia, sono giustapposte a testimonianze della società contemporanea, quali francobolli, ritagli di giornale, pubblicità…

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Fu così che Warburg dimostrò che dei temi e delle forme – da lui chiamate Pathosformeln – si sono ripetuti nella storia dell’arte e sopravvivono nel mondo contemporaneo. Va da sé che subiscano cambiamenti talvolta anche radicali nel corso dei secoli ma la sostanza è, per così dire, sempre la stessa.
Tiziana usa un approccio simile a quello di Warburg.
Sceglie un tema e intorno a questo raccoglie una serie di contributi – immagini, testi letterari e filosofici, emozioni – che compone dentro un ensemble fatto anche dei suoi dipinti. Il risultato è un ricco collage, che nella sua ricchezza compositiva rimanda ai retabli spagnoli.
I retabli non sono altro che raffinatissime pale d’altare, composte da più elementi, prodotte in Spagna a partire dal XIV secolo.
Una serie di artisti contemporanei hanno ripreso l’arte del retablo come forma espressiva identitaria del loro fare artistico.
Se Tiziana ne fa solo cenno per la  forma che utilizza nel compimento del suo lavoro, altri 118-SOROR_UMBRA.pngartisti hanno apertamente citato i retabli nelle loro opere e tra questi Dino Valls, artista figurativo spagnolo. Nel mondo dell’arte dei nostri giorni, dove la figurazione è stata quasi completamente abbandonata, Dino Valls si differenzia per la creazione di immagini che ricordano la pittura fiamminga. Le sue opere si distinguono per la cura maniacale dei dettagli e per la creazione di universi misteriosi, densi di  elementi simbolici da decifrare; atmosfera ulteriormente accentuata dalla presenza di elementi e strumenti che rimandano alla medicina.
Bisturi, pinze, ossa, sottolineano il suo essere un medico pentito. Infatti dopo essersi laureato in Medicina e aver esercitato per alcuni anni la professione, ha capito che la sua vera passione era l’arte.MEDinART_Dino-Valls_LECTIO_oilwood_25x25cm_2006.jpg
Ma per tornare a Tiziana, i suoi lavori non sono ricchi solo a livello visivo, ma anche a livello intellettuale e soprattutto emozionale: non vi dovete stupire se davanti al suo ultimo lavoro vi sembrerà di sentire il lontano grido di Persefone, rapita dal potente Ade. Tiziana ha infatti usato come metafora dell’inverno la figura mitica di questa dea, costretta a passare sei mesi sulla terra, corrispondenti alla stagione primaverile ed estiva, e gli altri sei mesi negli Inferi con il suo consorte.
La storia dell’arte è ricca di rappresentazioni di questo mito affascinante, simbolo anche del passaggio dallo stato di fanciulla a quello di donna, ma certamente i Pinakes di Locri sono fra le più antiche. Si tratta di tavolette create in serie grazie all’utilizzo di stampi, detti matrice, che venivano riempiti con argilla. Essi
Pinax_rapimento_persefone.jpgrappresentano non solo il mito di Persefone e dunque il suo rapimento, ma anche una serie di riti propiziatori che venivano celebrati dalle donne in nome della dea, per ottenere ricchezza e fertilità in ogni ambito della vita. Ciò che di sicuro accomuna questi splendidi manufatti è la cura riservata ai dettagli, tant’è che è stato addirittura possibile riconoscere gli alberi da frutta rappresentati sulle tavolette.
Interessante se si pensa che di solito i Greci rappresentavano in modo idealizzato la Natura!
Affascinante che queste tavolette, risalenti alla metà del V secolo a.C., siano una produzione limitata ad alcune zone della Magna Grecia e più nello specifico ad alcune colonie della Calabria: Locri, Medma e Hipponion.d.jpg
Queste sono solo alcune delle assonanze con il suggestivo lavoro di Tiziana. Vi invito dunque a non perdervi le sue opere in mostra: un vero e proprio viaggio interiore che oscilla tra epoche, paesi e filosofie diverse, intriso di tormentata passionalità, non priva al contempo del suo sguardo profondamente ironico.

Il giardino segreto di Alice

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Qualche settimana fa sono andata a trovare Alice Reina – in arte Biancodichina –  nel suo studio. Mi ha invaso un senso di quiete e di serenità. Sarà per la purezza del bianco che permea molte delle sue ceramiche, sarà per le forme morbide che Alice crea al tornio, sta di fatto che il suo laboratorio mi ha ricordato un giardino innevato.
Ad un occhio superficiale un giardino in inverno potrebbe apparire triste, freddo e inospitale. Invece, sotto quello strato di neve, si nasconde la vita che non cessa mai di essere, ma che anzi si prepara, raccogliendo le energie per le stagioni successive.
Le ceramiche di Alice hanno molte somiglianze con questo giardino invernale. Il candore della ceramica, che alluderebbe ad uno stato di quiete, cela invece l’energia che l’artista ha impresso alla materia nel momento della modellazione, energia che in qualche modo si esplica nelle decorazioni organiche dei suoi lavori.
Quest’idea di nascondere un concetto per rafforzarlo è comune ad altri artisti.
Nylon-Wrapped BridgeEsempio famoso e discusso è sicuramente Christo, che ha iniziato la sua carriera artistica impacchettando piccoli oggetti appartenenti alla vita quotidiana, dopodiché ha applicato lo stesso approccio alla scala urbana. Con materiale riciclabile, ha impacchettato e reso inagibili alcuni degli emblemi architettonici e artistici del mondo intero. Ovviamente la sua operazione ha suscitato le critiche di molti che vedevano questa azione come un affronto, una vera e propria ferita inferta a ciò che veniva coperto. Viviamo in un mondo in cui siamo costantemente bombardati da immagini anche molto forti e violente. E1d8c71da44252fd63dae7896f75c0489.jpg soprattutto siamo schiavi della ripetitività e delle abitudini, per cui tendiamo a frequentare sempre gli stessi luoghi, a raggiungerli scegliendo sempre le stesse strade. Christo, grazie all’azione del coprire, restituisce valore a ciò che viene nascosto, costringendo l’uomo a soffermarsi su ciò che fino a ieri era evidente ma che si era perso dentro le maglie della consuetudine. Christo vuole suscitare il dubbio e sottolineare che la nostra esistenza non è mai certa e scontata.
E se Christo impacchetta la città, nel lavoro di Alice si cela la Natura. Le forme che caratterizzano le sue ceramiche ricordano le onde del mare, i petali di un fiore, gli organismi che trovano casa sugli scogli. Tuttavia il riferimento alla Natura non è mai diretto ma diventa fonte d’ispirazione e le sue forme pulite, sono rese astratte dalla sua pepper-n-30-1930-westoninterpretazione. Campione di questo atteggiamento è il fotografo Edward Weston che, nelle sue fotografie, trasforma elementi naturali, in particolare ortaggi, in un groviglio di linee e forme astratte. Il peperone da lui fotografato dismette i panni originali e sembra quasi una scultura di Henry Moore o una delle figure intricate, ad un passo dallo sciogliersi, di Francis Bacon. Grazie ad un sapiente gioco di luce, Weston riesce a valorizzare i dettagli più trascurati della Natura.

weston E lo stesso accade dentro il lavoro di Alice che si ispira a quegli elementi per lo più trascurati, che si configurano come essenziali per determinare il carattere dell’opera.
Dunque alla base delle ceramiche di Alice c’è il
mondo naturale, da cui però l’artista attinge in maniera pacata e quasi indiretta Altro è il caso dell’artista giapponese Hitomi Hosono che attinge dalla Natura facendone una citazione minuziosa e raffinatissima della stessa. Le sue ceramiche sono una celebrazione, un tripudio della Natura. I suoi lavori sono rivestiti da un manto candido di foglie e fiori, realizzati con grande perizia fin nei minimi dettagli. Opere che nascono da un profondo studio della botanica, seguito da minuziosi e complessi disegni preparatori.

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Non mi resta dunque che invitarvi alla mostra in LuoghiComuni dove le ceramiche di Alice si disveleranno ai vostri occhi in tutta la loro poetica e vi suggeriranno esse stesse la loro fonte di ispirazione.

Ludovica Matarozzo

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Tiziana Menegazzo, la terza artista protagonista dell’edizione invernale in LuoghiComuni.
Tiziana mastica arte fin da giovanissima: si iscrive infatti al Liceo Artistico e terminati gli studi proseguirà il suo percorso formativo in ambito artistico. Nel corso degli anni si cimenta dentro le maglie della sperimentazione artistica e nel frattempo, mossa dallo suo spirito dinamico, non rimane mai ferma e partita da Firenze, si trasferisce prima a Palermo, poi a Torino, città che lasceranno un segno su di lei e sul suo fare artistico.
15328390_1333021253395361_427965506_nDa qualche anno la sua vena artistica è approdata a quelli che lei definisce retabli moderni, personale interpretazione delle antiche pale d’altare. Si tratta di una sorta di ensemble di suoi dipinti, riproduzioni di immagini d’arte, fotografie, testi letterari e filosofici “rubati” o autografi, legati indissolubilmente da un tema comune. Dopo aver scelto un fil rouge, l’artista ricerca tutti quegli stimoli che rispondono al suo tema e, con sapienza compone la sua opera, un universo d’ispirazione, tutto da decifrare, in cui è piacevole perdersi.
Dal suo fare artistico traspaiono i tratti distintivi di Tiziana. Perchè il retablo è dominato da una profonda cultura artistica, letteraria e filosofica e Tiziana è una donna che non si stanca mai di imparare e grazie alla sua eterna curiosità continua, senza sosta, ad indagare il mondo, alla ricerca di nuovi stimoli.
Grazie a questa smania esplorativa entro i più disparati ambiti creativi, Tiziana ha sviluppato una mente flessibile, in grado di coniugare espressioni artistiche e culturali diverse tra di loro, che non portano a un dialogo sterile, ma si compenetrano vicendevolmente per rafforzare il messaggio dell’opera.
Il tema viene indagato nelle sue sfaccettature e si compone un’opera onnicomprensiva, nella quale è celata la profonda attività interiore dell’artista. La fusione di immagini e testi scatena uno stato emozionale e fa riaffiorare ricordi, associazioni, amplificazioni.
Le opere di Tiziana si potrebbero definire “cerebrali” ma al contempo suggestive. La loro fruizione non può essere in alcun modo passiva, perché in chi osserva insorge l’esigenza di una profonda analisi di decodificazione e comprensione del messaggio insito nell’opera. E questo sforzo non è solo di carattere mentale, ma anche sensoriale.
Nei suoi retabli, infatti, sono racchiusi una così elevata quantità di stimoli visivi,  da impegnare l’occhio, fino a stancarlo, Ma la componente razionale non è l’unica. Perché i suoi lavori sono anche rappresentazione delle emozioni e delle sensazioni più intime e profonde di Tiziana. E grazie ai testi che appartengono all’opera, affiora l’anima della Donna.15401473_1333021210062032_478205361_n
Ne consegue che nell’opera si delineano due racconti paralleli, l’emozionale e il razionale, che si sfiorano, ammiccano, dialogano, contribuendo alla creazione di un nuovo discorso, forte e ricco.
Non mi resta dunque che invitarvi a venire a LuoghiComuni per ammirare l’interpretazione assolutamente originale che Tiziana ci regala per l’INVERNO.

Ludovica Matarozzo

Rivelazioni 2

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“Grazie per la sua amicizia. I suoi lavori sono splendidi”

Così inizia la mia conoscenza con Anna Maria. Su Facebook. Era lo scorso aprile. Anch’io ero rimasta colpita dalle sue fotografie. Parlammo su Fb di fiori e di natura; lei aveva visto Blooming!, la mia serie di collage sui fiori e mi confessò che attraverso i fiori toccavo un suo tasto debole e che le mie parole le infondevano tranquillità. Una sorta di silenzio. Se non ricordo male venne a trovarmi il 1 agosto o giù di lì, dopo che per il mio compleanno mi aveva inviato questo scatto per farmi gli auguri.

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La mattinata trascorse tra i nostri reciproci raccontarci e prima di congedarci la invitai a pensare ad un lavoro per l’ultimo appuntamento, quello dell’inverno, della rassegna Le4Stagioni in LuoghiComuni. I lavori di Anna Maria mi avevano colpito al cuore per la loro trasparenza e il loro essere finemente oleografici. I primi scatti che trascorsero sotto il mio sguardo furono le sue Galline che, ai miei occhi di essere poco incline ai pennuti, diventavano sontuosamente belle.

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E poi i suoi Fiori. Perché anch’io come lei, sono particolarmente sensibile al tema!

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Si potrebbe definire il lavoro di Anna Maria Colace un pensare per immagini, ovvero una modalità secondo cui Anna Maria si concentra sul pensiero, attraverso un personalissimo sistema di scrittura fatto di frammenti. Le sue foto sembrano istantanee per fermare un pensiero del  tutto  casuale, mentre in realtà nascondono la volontà di scrivere parole sul mondo che ci circonda proprio attraverso la costruzione dell’immagine.  Nulla è lasciato al acaso. L’apparente semplicità nasconde significati più complessi, che nascono dalla stratificazione e dal montaggio. E l’uomo viene sempre osservato da una certa distanza, anche quando è prossimo all’obiettivo. La presenza umana è sfuggente.
Sorge spontaneo l’accostamento al pittore ottocentesco americano James Abbott McNeill Whistler che, così come Anna Maria definisce i suoi scatti “Visioni”, accettò di buon grado l’interpretazione che alcuni critici diedero delle sue opere ed intitolò molti suoi dipinti “Sinfonie”: per l’artista «…come la musica è la poesia del suono, così la pittura è la poesia della vista». E le Visioni di Anna Maria sono anch’esse melodie cariche di pathos pittorico e oleografico.

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James Abbott McNeil Whistler, Blue and Opal – The Photographer, 1885

Le sue opere invitano a vedervi qualcos’altro, a cercare il resto del visibile, evocando l’assenza dei limiti, un altro aspetto della realtà, ovvero ciò che non può essere delimitato:

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James Abbott McNeil Whistler, Green and Silver:The three Clouds, 1885

“.…la mia avventura dentro la fotografia – racconta Anna – è una storia fatta di lunghe giornate di isolamento a guardare per ore la natura e il mare, che mi erano tanto amici; e la fantasia correva ad immaginare ciò che cercavo e non trovavo. Una storia fatta di colori e forme della natura, un costante osservare fin da piccola quel fare di alta artigianalità – quasi arte, direi – di mio padre e delle zie sarte che mi aiutarono ad inseguire la Bellezza”.
Diceva Ghirri a cui Anna Maria forse inconsapevolmente si ispira: “In fondo, in ogni visitazione dei luoghi, portiamo con noi questo carico di già vissuto e già visto, ma lo sforzo che quotidianamente siamo portati a compiere, è quello di ritrovare uno sguardo che cancella e dimentica l’abitudine; non tanto per rivedere con occhi diversi, quanto per la necessità di orientarsi di nuovo nello spazi e nel tempo” (L.Ghirri, Paesaggio Italiano, Milano 1989).
Per Luoghi Comuni Anna Maria tesse la trama di una narrazione intorno all’apparente immobilità del paesaggio invernale, immerso nel silenzio della sua quiescenza, nella staticità di ore avvolte dall’Assenza.

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E concludo con Maria Luisa Spaziani, meravigliosa compagna di viaggio dentro l’orchestra degli scatti di Anna Maria che avremo modo di “ascoltare”, ancor più che guardare, sullo sfondo dell’inverno in LuoghiComuni.

Nulla di nulla

Strappami dal sospetto
di essere nulla, più nulla di nulla.
Non esiste nemmeno la memoria.
Non esistono cieli.

Davanti agli occhi un pianoro di neve,
giorni non numerabili, cristalli
di una neve che sfuma all’orizzonte –
– e non c’è l’orizzonte –

/ maria luisa spaziani
nata il 7 dicembre 1922

Marisa Coppiano

 

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Chi è Alice Reina? Una delle tre artiste che avremo modo di apprezzare in occasione dell’appuntamento invernale di Le4Stagioni, presso LuoghiComuni.
È da poco che questa giovane artista ha scoperto la ceramica come suo mezzo di espressione, aprendo la sua attività.
Infatti fino a pochi anni fa Alice era solo un architetto. Poi l’equilibrio si è spezzato ed Alice ha avvertito la necessità di trovare uno sfogo alle frustrazioni che la vita di tutti giorni può causare e che lei non riusciva più a contenere. Così lavorare la ceramica si è rivelata un’ottima terapia, un modo per ripristinare ordine nella vita e imparare l’arte della pazienza.
Ma non è un caso che Alice si sia indirizzata verso la ceramica, un po’ ce l’aveva nel 12417859_441860945999894_7668320811640131952_nsangue. Infatti la sua prima esperienza con questa tecnica avviene nel 2003, quando, dopo la maturità, va in vacanza in Sicilia da sua zia. Questa le fa conoscere la ceramica Racu, una tecnica giapponese di lavorazione, e la inizia a questo mondo. Tuttavia di questa esperienza rimarrà solo un ricordo lontano, ma così forte da ricomparire nel momento di crisi, configurandosi come una possibile soluzione del problema.
Oggi, grazie a tanto studio e forte tenacia, Alice ha aperto un suo laboratorio, nel quale crea ceramiche capaci di evocare un mondo di purezza e poesia.
Dopo aver varcato la soglia di un tranquillo cortile di Torino, si entra in uno spazio contraddistinto dalla tranquillità e dal biancore.
Infatti, come suggerisce il nome d’arte da lei scelto, Biancodichina, la maggior parte dei suoi pezzi si caratterizza per la mancanza di colore. L’artista preferisce lasciare alla luce il candore della materia o al massimo utilizzare smalti dalle tonalità naturali e delicate. 14884428_546868432165811_641340138951337294_oCome afferma lei stessa, il colore non è centrale nella sua ricerca. Certo, può suggerire il “carattere” dell’oggetto che sta creando, ma non è questo che fa la differenza.
Ciò che conta è invece la materia e la forma. Alice, come ogni buon architetto, ama la concretezza ed è questa che ricerca anche nelle sue ceramiche. Ed è per questo che vuole che i suoi pezzi abbiano un volume che conferisca loro personalità e vita. Il momento essenziale di tutto il processo artistico è l’istante in cui bisogna imprimere forma al pezzo di argilla che si ha sul tornio. Questo è il momento che Alice preferisce, quello in cui ha la possibilità di mettere se stessa nel lavoro a cui si sta dedicando. L’energia della donna passa all’argilla che assume così una determinata forma.14100296_521238334728821_538720944392666985_n
I suoi lavori presentano sempre una fisionomia pulita, quasi minimale, dalla quale tuttavia prendono vita decorazioni che richiamano il mondo organico. Alice ama ispirarsi a dettagli della natura dai quali riesce a estrapolare l’essenza, trasformandoli in forme astratte. È così che è nato la sua prima collezione di vasi, “Guidaloca”. Guardando una fotografia del mare da lei scattata, si è soffermata sul disegno che le onde creavano e ha riprodotto tale forma in ceramica, applicando a forme pulite delicati petali che evocano il movimento del mare.
Dunque il mondo naturale è alla base del lavoro di Alice, ma è sempre usato con parsimonia e non entra mai brutalmente nel 14479599_545000929019228_6733310339772226039_ndiscorso artistico, configurandosi così come una lontana ispirazione. Inoltre i suoi lavori sono organici, non solo per le forme che li contraddistinguono, ma anche per il modo in cui sono creati. Alice parte da una serie di bozzetti e schizzi che tuttavia dimentica appena comincia ad avere a che fare con la materia. Guidata dall’istinto, crea una prima forma dalla quale poi nasceranno, come emanazioni dello stesso corpo artistico, le decorazioni, ciò che dà carattere alla ceramica.
Nascono così candidi organismi che creano un universo incantato e sereno, nel quale potrete immergervi durante la mostra a LuoghiComuni.

Ludovica Matarozzo

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Se anche il vento freddo e rigenerante dell’Autunno ha invaso Luoghi Comuni, il ricordo dell’Estate è ancora fresco e alcuni di noi proprio non vogliono lasciarselo alle spalle!
Chi meglio di Paolo Pettigiani poteva dunque rievocare la calda stagione e teletrasportarci, per l’ultima volta in spiaggia, con il progetto fotografico “SHAPEGUARD”?
Durante i suoi viaggi e le esperienze lavorative estive, Paolo ha avuto occasione di visitare numerose città americane, che ha saputo ritrarre in modo unico grazie al suo personale modo di ritrarre habitat naturali e artificiali.
Le sue esplorazioni l’hanno trasportato anche a Miami dove si è concentrato su un simbolo della cultura americana, le postazioni di soccorso dei bagnini, immagini dell’amore per la Natura, della passione per il rischio e per la sfida, del piacere per lo sport, che sono valori tipicamente americani. Con l’Oceano non si scherza e, nell’immaginario comune americano, i bagnini sono dei veri e propri eroi, a cui spettano, giustamente, troni maestosi, da cui poter vigilare sulle onde insidiose.
In particolare, l’attenzione di Paolo è stata conquistata dalla serie di torrette per bagnini unnamed.jpgche l’architetto William Lane donò alla città di Miami, in seguito all’uragano Andrew del 1992, che aveva provocato ingenti danni nella stessa città.
In effetti è difficile non essere attratti da queste strutture affascinanti, nate dalla commistione di stili architettonici diversi e rivestite di tinte forti e pop!
Anche in questa occasione Paolo non si è limitato a registrare il dato reale, ma di esso ha dato la sua personale interpretazione personale, concentrandosi non sulla struttura in sé, ma su dettagli o parti della stessa, arrivando a creare delle vere e proprie astrazioni.befunky-collage
I suoi scatti colpiscono per i colori squillanti e saturi, per le rigide, geometrie che i particolari delle torrette esaltano, grazie alla perfezione e, a tratti, alla freddezza chirurgica della composizione fotografica.
E’ evidente lo stretto rapporto che intercorre con la grafica, il mondo da cui proviene il unnamed-4giovane artista. Avendo studiato Design e Visual Communication al Politecnico di Torino, Paolo riunisce le due passioni – fotografie e grafica – perfezionando una personale modalità espressiva che ha riproposto nella serie di progetti Geometrie, di cui anche quest’ultimo fa parte. Si tratta di uno percorso che conduce al  minimalismo, puntando a cogliere l’essenzialità della realtà fotografata e ad investirla di un nuovo significato. Lo stesso artista, a proposito di questo progetto fotografico, afferma di voler creare dei “non-luoghi”, decontestualizzando le architetture dalla loro realtà territoriale per giungere a  mondi dove l’uomo può trovare rifugio dentro una dimensione di perfezione e solidità.
E quando davanti alle opere di Paolo vi sentirete invadere da una sensazione di calore e sicurezza, e vi ritorneranno alla mente i bei giorni d’estate, godetevi il momento!
Ma ricordatevi che fuori da Luoghi Comuni c’è già bisogno del cappotto!

Ludovica Matarozzo

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L’autunno ha già invaso LuoghiComuni!

Questo vento ha due facce diverse, due nomi: Giulio Maulini e Paolo Pettigiani, due giovani artisti che con le loro opere animeranno LuoghiComuni nei prossimi giorni. Parliamo un po’ di Giulio. Nonostante la giovane età, 23 anni, la galleria Bottega Golini di Imola gli ha già dedicato una mostra personale nel 2015 e ad oggi questo promettente giovane è stato impegnato in svariate esperienze artistiche.
La sua opera ha degli aspetti in comune con il vento che l’ha fatto arrivare fino a noi. Il suo gesto pittorico è libero, fluido, non è legato ad una logica meccanica e ripetitiva ma mosso dall’istinto. Giulio stesso afferma: “Grazie a Dio mi guida l’istinto durante la creazione e così nasce la mia Arte”.

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Visioni dettate dall’istinto; Maulini Giulio

L’istinto regna sovrano lungo tutto il processo artistico: la creazione si configura come una danza libera e quando il ballo finisce, la tela riporta delle forme che non sono solo frutto del caso, ma dell’inconscio dell’artista e testimoniano il libero processo artistico e creativo di Maulini.
L’opera che Giulio esporrà in questa occasione ha altre somiglianze con il vento. Il suo lavoro principale, “Energia in mutamento, dalla terra al cielo”, in qualche modo, racchiude lo stesso agente atmosferico.

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Energia in Mutamento, dalla terra al cielo; Maulini Giulio

E un motivo c’è! Il vento segue un percorso, con un inizio e una fine, e durante il suo viaggio dialoga con la realtà intorno a sé, fa cadere le foglie dagli alberi e le trasporta lontano, smuove gli elementi naturali -e non- che incontra sulla sua strada.
E anche l’opera di Maulini si propone come un percorso.
Si parte da una grande monotipia su pelle a olio che si configura come una massa energetica nella quale si scontrano un senso di angoscia e uno spirito di libertà. Questo conflitto viene sciolto grazie all’intervento del vento-artista che libera questa energia e la trasforma in disegni, schizzi che racchiudono pensieri leggeri.

 

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Pensiero Legato ; Pensiero Puro;  Maulini Giulio

Si potrebbe affermare che il percorso del vento e l’esperienza di  Giulio si sovrappongano. Il vento è anche  forza positiva, che spazza via le paure e le angosce e porta da una situazione di buio ad una di luce, energia e autonomia. Così nella sua opera si passa da un momento di sofferenza e pesantezza, anche rappresentato  dalla pelle animale usata, ad uno stato di liberazione e di leggerezza,  che si rispecchia nell’uso della carta.
Inoltre, questo senso di liberazione e di redenzione si legge anche nel cambiamento di materiale che l’artista effettua durante il suo percorso. Va sottolineato che l’intento di Maulini è quello di dare una nuova vita, artistica e spirituale, alla pelle di un animale che ha vissuto in cattività e sotto  condizioni e i ritmi umani, inadeguati a lui. L’animale, che in vita è stato costretto a subire una vita da prigioniero, ha, finalmente,una possibilità di rivalsa, trasformandosi in un’opera d’arte libera e acquisendo sempre di più le caratteristiche della carta, ovvero senso di libertà e fragilità primordiale.  Infine,  nell’ultimo passaggio, l’animale si “con-fonde” con la carta, fino ad astrarsi  nei Pensieri legati all’opera principale.

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Apnea Cosmica; Maulini Giulio

Solo un elemento rimane immutato nel lavoro di Giulio: la sua cifra stilistica. Qualunque tecnica egli adoperi e qualunque sia la superficie su cui agisce, il suo tratto rimane sempre deciso e forte e le forme che compone rimandano  a un universo primitivo e misterioso. Segni che riportano ad antichi riti tribali, che  forse è impossibile comprendere appieno e di cui si può solo cogliere il significato arcaico sotteso.

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Formazione energetica del polo; Maulini Giulio

Inevitabile dunque lasciarsi trasportare dal vento di Giulio Maulini e rimanere incantati dal cosmo sfaccettato che l’artista ci propone!

 

 

 

 

 

Ludovica Matarozzo

 

Davvero i sogni durano solo una notte?

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Ero a Helsinki nei giorni scorsi dove ho potuto godere dell’installazione temporanea Polka Dots on the Trees di Yayoi Kusama che l’HAM ha allestito all’Explanadi Park, accompagnata da una seconda installazione presso il Winter Garden, entrambe inaugurate lo scorso 16 giugno, in attesa della mostra retrospettiva della grande artista giapponese attualmente ospite del Moderna Museet di Stoccolma.

Questa la dichiarazione d’intenti dell’artista:
”These works have been inspired by beautiful nature and people, and they create communication between nature and living beings. The shining city of Helsinki, as well as the life we wish for becomes even more beautiful.”1_kusama.jpg
Si tratta di 20 alberi del parco che sono stati avvolti, “vestiti”, con il tessuto a pois tipico
del suo lavoro artistico. La stessa installazione era stata precedentemente realizzata a Londra, Singapore, Mosca e altri luoghi ancora. La Kusama è particolarmente nota per questi pois replicati all’infinito. Per lei tutti gli esseri umani , le stelle, la Terra e il Sole non sono altro che pois. Non possono esistere da soli, ma insieme creano un universo completo.
Narcissus Garden, installato nella Palm Room del Winter Garden, è invece un lavoro composto da un migliaio di sfere in acciaio con superficie specchiante.  L’opera prende il nome da Narciso che si innamorò della propria immagine riflessa nell’acqua. Kusama ha presentato la prima versione dell’installazione nel lontano 1966 alla Biennale di Venezia e da allora altre versioni sono state esposte in tutto il mondo.

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Yayoi Kusama è inarrestabile!
3_The-Little-Mermaid-by-Hans-Christian-Andersen-Yayoi-Kusama.A-Fairy-Tale-of-Infinity-and-Love-Forever3.jpgInfatti forse non tutti sanno che l’artista giapponese, a 87 anni suonati, non smette di produrre nuove opere e addirittura illustrare libri. Mentre è ancora in corso la grande retrospettiva e proseguono anche le due importanti personali di Londra e Houston, arriva la notizia di un progetto editoriale nuovo di zecca. L’ultima impresa editoriale è una versione illustrata de La Sirenetta (1839) di Hans Christian Andersen, realizzata in collaborazione con il danese Louisiana Museum of Modern Art e in uscita entro questo mese di agosto. BeFunky Collage.jpg

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Interessante tema affronta la Kusama, perché, fino alla trasposizione edulcorata della fiaba ottocentesca di Andersen – che ne mutò indole, inclinazione, atteggiamento e rappresentazione trasformando il personaggio nell’incarnazione dell’amore romantico – la Sirena della mitologia classica ha rappresentato il tranello mortale teso dalla donna nei confronti dell’uomo, con la propria voce suadente e con quel corpo di giovane e prosperosa donna nella parte superiore e di pesce nella parte inferiore.

La Sirena, quell’ abbandono tanto dolce quanto pericoloso e letale, tanto ben raccontato da Omero nell’Odissea, non agisce quasi mai isolata ma vive dentro un piccolo branco, come a testimoniare quanto sia efficace e forte l’unione femminile: una forza, in questo caso, capricciosa e spietata che tramuta la grazia in orribile realtà.
Rappresentazione del tranello mortale che ci tendono i sensi, le sirene hanno avuto una connotazione negativa nella storia dell’arte, specularmente alle credenze antiche tanto da simbolizzare i rischi dell’abbandono della retta via, a causa dell’ascolto del richiamo dei sensi: prestare ascolto alla malia rende il maschio ammaliato, cioè privo di ragione, di controllo e di capacità di discernimento; rappresenta la metafora della necessità dell’uomo di deviare le proprie pulsioni o di contenerle, in quanto un eccessivo ascolto dei richiami che suscitano la reazione della carne, porta a deviare rispetto alla costruzione della civiltà, a cui tutti devono tendere.
Nell’Odissea Ulisse riesce a rifiutare le offerte con ogni donna incontrata durante il lungo viaggio di ritorno da Troia, e comunque a gestire razionalmen11.jpgte il cedimento temporaneo. Poi, in ogni caso, riparte. Ma dalla maga Circe viene avvertito del richiamo irresistibile
delle Sirene. Sicché chiede di essere legato dai propri uomini all’albero della nave per evitare di cedere a quella che non è più una semplice tentazione, ma una malìa d’amore che porterebbe all’abbandono della rotta primaria, con conseguenze che potrebbero essere mortali.

Nell’antica tradizione greca e romana, le Signore del mare erano dotate di ali e di un volto seducente; in alcune rappresentazioni hanno un corpo statuario, con seni ben fatti, fianchi espansi, cosce
tornite che, a partire dal ginocchio, divenivano arti e zampe di volatile. 12.jpg10_specchio

 

 

 

 

 

 

 

 

In tempi molto più recenti lo stesso Klimt le ha immortalate in un dipinto avvolte da tutto il fascino che le contraddistingue.

13_Gustav-Klimt-Sirene-1889.jpg

14_Coco.jpgE a proposito di sirene vi invito a leggere l’entusiasmante libro di Emanuele Coco Il circo elettrico delle sirene, un seducente racconto d’amore, un viaggio nel mito ma anche un’indagine dentro i desideri reconditi che albergano nel nostro Io.
Un contrappunto tra passato e presente, tra sogno e realismo.
Ma soprattutto, un libro in difesa delle donne, degli innamorati e di tutti coloro che sono in cerca della felicità, tra miraggi e avventure, nel tempestoso mare della vita.Come sostiene SaramagoIl viaggio non finisce mai, solo i viaggiatori finiscono.” e anche la lettura rappresenta un meraviglioso viaggio della mente, questa volta in compagnia delle Sirene.

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Marisa Coppiano

Dove vai tutta nuda?

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0_Carole Feuerman, Serena with red cap

L’abbronzatura ci fa sentire più belle, quindi perché non esibirla?  Le bagnanti, mollemente adagiate sulla calda sabbia delle spiagge del mese di agosto si mostrano in tutta la loro nudità, nel pieno della salubrità estiva fatta di sole e molle relax.
Ma fin dalla fine dell’800 gli artisti celebrarono i nudi en plein air attraverso le loro opere.
Bagnanti ad Asnières (Une baignade à Asnières), il dipinto di Georges Pierre Seurat del 1884, è una delle tele di grandi dimensioni che costituiscono la parte più significativa della sua attività pittorica.

1_George Pierre Seurat, Bagnanti ad Asnières.jpg

Lo stesso Paul Gauguin celebrò la nudità femminile esposta al sole in molte delle sue celebri opere.

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Renoir, a partire dal 1910, ritornò su uno dei suoi soggetti preferiti, la raffigurazione della nudità, a cui riservò anch’egli quadri di grande formato. La sua opera Le bagnanti (Les baigneuses)  che volle dipingere nel grande giardino delle Collettes, dimora che il pittore possedeva a Cagnes-sur-Mer, nel Sud della Francia, è quasi il testamento pittorico di Renoir, che morì poi nel dicembre 1919.  Il dipinto, preceduto da uno straordinario numero di disegni, rappresenta per lui il punto estremo di allontanamento dalla tecnica impressionista: da questo momento le sue donne nude saranno dee dai corpi possenti che vibrano della stessa luce di Tiziano.

3_Pierre August Renoir, Le Bagnanti_Les baigneuses.jpg

Dello stesso periodo Le grandi bagnanti di Paul Cézanne, considerato il capolavoro del pittore che, come Renoir dedicò a questo soggetto un intero ciclo. Le tre versioni de Le 4_Paul Cezanne, Le grandi bagnanti.jpggrandi bagnanti, a cui lavorò dal 1898 al 1906, possono essere considerate il suo testamento spirituale, perfetta sintesi di primitivismo e razionalismo, nella resa degli spazi naturali armonicamente fusi con i nudi femminili. Questi dipinti, con la loro visione così sintetica, saranno spunti fondamentali per la storia dell’arte successiva, influenzando radicalmente tutti i protagonisti della pittura di ricerca e delle avanguardie, da Matisse  – con Le bonheur de vivre, il dipinto più ambizioso del suo periodo Fauve a Braque,

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da Picasso e qui corre d’obbligo citare le Demoiselles d’Avignon – a Moore.
5_Pablo Picasso, Les deomiselles d'Avignon

Il modello archetipo del soggetto  nasce senz’altro  dal mito di Diana ed Atteone: Atteone aveva sorpreso Diana e le sue ancelle mentre facevano il bagno in una pozza d’acqua fresca e venne, per questo atto di involontaria impudenza, magicamente punito, attraverso la trasformazione in cervo; così, non più riconosciuto dai propri cani, fu sbranato dalla propria muta.

7_Reggia di Caserta, Diana e AtteoneIn omaggio a questa storia fatta di corpi al sole, tipica delle zone balneari, lo scorso anno i Musei di Rimini hanno  realizzato una mostra dedicata ad una delle più importanti 8_Carol Feuerman.jpg

interpreti della scultura statunitense contemporanea, Carole Feuerman, nelle cui opere la bellezza femminile, colta nel tempo sospeso del bagno, dispone percorsi narrativi attorno ai quali si concentra l’attenzione, l’acuta sensibilità poetica e il mirabile impegno tecnico di questa artista americana, approdata lo scorso anno alla Biennale di Venezia.

BeFunky Collage.jpg12_Rene Gruau, bigRiminiSun.jpg

La mostra riminese era  accompagnata da una selezione dei più famosi  manifesti  a soggetto balneare, da Marcello Dudovich, con la sua ragazza in volo sulla schiena del pesce, alla Donna col parasole di René Gruau, da Milton Glaser Milo Manara, da giovani esponenti della street art come Eron fino alle ultime immagini irriverenti di Toiletpaper  del duo Cattelan/Ferrari.

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Anche gli otto manifesti formato sei per tre commissionati lo scorso anno dal Comune di Rimini per il rilancio dell’identità romagnola, sospesi tra l’ironico e il vintage, non temono di forzare un po’ la mano mostrando la nudità femminile secondo l’audace linea propria di “Toiletpaper”, il progetto che Cattelan porta avanti con Pierpaolo Ferrari dal 2010.

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Marisa Coppiano

 

 

Due ruote è meglio!

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Per me Estate significa anche bicicletta!

Se ripenso alle estati della mia infanzia è immancabile il ricordo delle lunghe passeggiate in bicicletta in campagna e ancora oggi, grazie ad una tradizione di famiglia, la bici è  protagonista della mia estate, dal momento che amo esplorare il mondo utilizzando come mezzo principale la bicicletta!
Per me è talmente importante che negli anni mi sono sbizzarrita a customizzare la mia bicicletta, aggiungendo campanelli, luci colorate e un cestino ispirato al mondo dell’arte, trasformandola nella mia piccola opera d’arte!
E se il mio tentativo non ha raggiunto esiti di grande livelli, molti grandi artisti  si sono duchampwheel.pngcimentati nell’impresa di creare un‘opera d’arte attraverso una semplice bicicletta.

I primi che hanno aperto le porte del mondo dell’arte alla bicicletta sono stati gli artisti delle avanguardie storiche. Due gli esempi più celebri: Marcel Duchamp, che ha utilizzato una ruota di bicicletta per un suo ready-made, eliminandone la sua funzione e trasformandola in un
oggetto estetico; lo stesso procedimento utilizzato da Picasso che ha im773bfc6c8b552b0b7e9fbd2b43cd4374.jpgpiegato il sellino e il manubrio di una bici per creare la testa di un toro. Il messaggio è chiaro: ogni oggetto può assumere una valenza artistica e, grazie all’arte, trasformarsi in qualcosa di nuovo e diverso!

 

Dopo di loro una schiera di altri artisti ha fatto della bicicletta una dei protagonisti della loro arte:
nel 1990 Claes Oldenburg ha creato per il Parc de la Villette, nella periferia orientale di Parigi, una gigantesca scultura che rappresenta una bicicletta, La Byciclette ensevelie. Se si passeggia per il parco si vedono affiorare dal terreno le parti della bicicletta e così una semplice passeggiata si trasforma in una divertente caccia al tesoro alla ricerca dei quattro pezzi che compongono la scultura: manubrio, sella, pedale e ruota.

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Altri due artisti che si divertono con le biciclette sono i californiani Mark Grieve e Ilana 2b5c1f9a46951efd37c9441832bbe0a2Spector, che spesso hanno reso la bicicletta la protagonista dei loro lavori, creando  veri e propri trionfi di questo mezzo di trasporto: Bike Arch e Cyclisk sono  rispettivamente un arco e un obelisco di 20 metri
esclusivamente fatti di biciclette recuperate dallSONY DSCe discariche. Il numero di pezzi impiegati è grandioso: nel primo caso sono state adoperate 240 biciclette e nel secondo caso 340! Ma con le loro opere i due non vogliono solo stupire, bensì lanciare un messaggio sociale, ovvero  promuovere un tipo di società bike-friendly e sottolineare l’importanza del riciclo.

 

 

Altra occasione di protagonismo per la bike è l’iniziativa, organizzata dal MIA – l’Istituto d’Arte del Minneaopolis – che per celebrare i suoi 100 anni, ha stretto una partnership con Handsome Cycles, un’importante ditta produttrice di biciclette, per crearne tre ispirate ad altrettante opere d’arte presenti nella loro collezione permanente.

Il bello del progetto è che sono nati piccoli capolavori perfettamente ispirati all’opera da cui traggono vita, pur mantenendo al contempo la loro funzione tecnica.
Basti osservarne i dettagli: BeFunky Collages.jpg

Ma non solo il mondo dell’arte si è appropriato della mitica bicicletta!

Il mondo del design ha utilizzato questo mezzo per creare mobili eccentrici e innovativi. Andy Gregg è un esperto del settore e ha creato una linea di arredi utilizzando parti di biciclette, in particolare le ruote.Andy Gregg.jpg

E anche il fashion non si è lasciato perdere l’occasione di entrare nella vita di tutti i giorni grazie alla bici! Molti stilisti hanno impresso il loro stile al velocipede, trasformandolo in un oggetto di culto: Missoni, per esempio, ha rivestito la sua bicicletta con il tradizionale pattern della maison e Chanel ha utilizzato il suo inconfondibile per rendere raffinata anche una bici.

BeFunky Collage3

È bello vedere come un semplice oggetto che diamo per scontato perché parte della nostra quotidianità possa essere una tale fonte di ispirazione per artisti, ma anche per gente comune che, come me, si diverte a rendere bizzarra la propria bicicletta. Non sarebbe più bella la città se abitata da una moltitudine di biciclette colorate?

Ludovica Matarozzo