L’incontro con Tiziana Menegazzo – una delle tre artiste invitate da Marisa Coppiano per l’edizione invernale di Le4Stagioni in LuoghiComuni – mi ha permesso di conoscere in anteprima il lavoro che l’artista ha prodotto e perdermi dentro la ricchezza sfaccettata dei suoi percorsi.
L’universo di Tiziana è senza ombra di dubbio connotato dalla ricchezza di rimandi artistici, filosofici, letterari, storici…L’artista fonde nelle sue opere mondi diversi del sapere, creando un dialogo avvincente, ammantato di grande bellezza.
E il pot pourri che connota le opere di Tiziana rimanda inevitabilmente allo storico dell’arte tedesco Aby Warburg, noto ai più per le Tavole dell’Atlante, considerate la materializzazione del suo metodo di lavoro.
A differenza dei suoi colleghi, non si limitava a studiare l’opera d’arte da un punto di vista meramente estetico, ma ne indagava i rapporti con la storia e la società dei quali era prodotto, istituendo così legami inediti per l’epoca. Da questo suo approccio innovativo nascono le Tavole di questo Atlante mai concluso, in cui immagini appartenenti al mondo dell’arte, dell’archeologia, sono giustapposte a testimonianze della società contemporanea, quali francobolli, ritagli di giornale, pubblicità…
Fu così che Warburg dimostrò che dei temi e delle forme – da lui chiamate Pathosformeln – si sono ripetuti nella storia dell’arte e sopravvivono nel mondo contemporaneo. Va da sé che subiscano cambiamenti talvolta anche radicali nel corso dei secoli ma la sostanza è, per così dire, sempre la stessa.
Tiziana usa un approccio simile a quello di Warburg.
Sceglie un tema e intorno a questo raccoglie una serie di contributi – immagini, testi letterari e filosofici, emozioni – che compone dentro un ensemble fatto anche dei suoi dipinti. Il risultato è un ricco collage, che nella sua ricchezza compositiva rimanda ai retabli spagnoli.
I retabli non sono altro che raffinatissime pale d’altare, composte da più elementi, prodotte in Spagna a partire dal XIV secolo.
Una serie di artisti contemporanei hanno ripreso l’arte del retablo come forma espressiva identitaria del loro fare artistico.
Se Tiziana ne fa solo cenno per la forma che utilizza nel compimento del suo lavoro, altri artisti hanno apertamente citato i retabli nelle loro opere e tra questi Dino Valls, artista figurativo spagnolo. Nel mondo dell’arte dei nostri giorni, dove la figurazione è stata quasi completamente abbandonata, Dino Valls si differenzia per la creazione di immagini che ricordano la pittura fiamminga. Le sue opere si distinguono per la cura maniacale dei dettagli e per la creazione di universi misteriosi, densi di elementi simbolici da decifrare; atmosfera ulteriormente accentuata dalla presenza di elementi e strumenti che rimandano alla medicina.
Bisturi, pinze, ossa, sottolineano il suo essere un medico pentito. Infatti dopo essersi laureato in Medicina e aver esercitato per alcuni anni la professione, ha capito che la sua vera passione era l’arte.
Ma per tornare a Tiziana, i suoi lavori non sono ricchi solo a livello visivo, ma anche a livello intellettuale e soprattutto emozionale: non vi dovete stupire se davanti al suo ultimo lavoro vi sembrerà di sentire il lontano grido di Persefone, rapita dal potente Ade. Tiziana ha infatti usato come metafora dell’inverno la figura mitica di questa dea, costretta a passare sei mesi sulla terra, corrispondenti alla stagione primaverile ed estiva, e gli altri sei mesi negli Inferi con il suo consorte.
La storia dell’arte è ricca di rappresentazioni di questo mito affascinante, simbolo anche del passaggio dallo stato di fanciulla a quello di donna, ma certamente i Pinakes di Locri sono fra le più antiche. Si tratta di tavolette create in serie grazie all’utilizzo di stampi, detti matrice, che venivano riempiti con argilla. Essi
rappresentano non solo il mito di Persefone e dunque il suo rapimento, ma anche una serie di riti propiziatori che venivano celebrati dalle donne in nome della dea, per ottenere ricchezza e fertilità in ogni ambito della vita. Ciò che di sicuro accomuna questi splendidi manufatti è la cura riservata ai dettagli, tant’è che è stato addirittura possibile riconoscere gli alberi da frutta rappresentati sulle tavolette.
Interessante se si pensa che di solito i Greci rappresentavano in modo idealizzato la Natura!
Affascinante che queste tavolette, risalenti alla metà del V secolo a.C., siano una produzione limitata ad alcune zone della Magna Grecia e più nello specifico ad alcune colonie della Calabria: Locri, Medma e Hipponion.
Queste sono solo alcune delle assonanze con il suggestivo lavoro di Tiziana. Vi invito dunque a non perdervi le sue opere in mostra: un vero e proprio viaggio interiore che oscilla tra epoche, paesi e filosofie diverse, intriso di tormentata passionalità, non priva al contempo del suo sguardo profondamente ironico.