Chi è Alice Reina? Una delle tre artiste che avremo modo di apprezzare in occasione dell’appuntamento invernale di Le4Stagioni, presso LuoghiComuni.
È da poco che questa giovane artista ha scoperto la ceramica come suo mezzo di espressione, aprendo la sua attività.
Infatti fino a pochi anni fa Alice era solo un architetto. Poi l’equilibrio si è spezzato ed Alice ha avvertito la necessità di trovare uno sfogo alle frustrazioni che la vita di tutti giorni può causare e che lei non riusciva più a contenere. Così lavorare la ceramica si è rivelata un’ottima terapia, un modo per ripristinare ordine nella vita e imparare l’arte della pazienza.
Ma non è un caso che Alice si sia indirizzata verso la ceramica, un po’ ce l’aveva nel sangue. Infatti la sua prima esperienza con questa tecnica avviene nel 2003, quando, dopo la maturità, va in vacanza in Sicilia da sua zia. Questa le fa conoscere la ceramica Racu, una tecnica giapponese di lavorazione, e la inizia a questo mondo. Tuttavia di questa esperienza rimarrà solo un ricordo lontano, ma così forte da ricomparire nel momento di crisi, configurandosi come una possibile soluzione del problema.
Oggi, grazie a tanto studio e forte tenacia, Alice ha aperto un suo laboratorio, nel quale crea ceramiche capaci di evocare un mondo di purezza e poesia.
Dopo aver varcato la soglia di un tranquillo cortile di Torino, si entra in uno spazio contraddistinto dalla tranquillità e dal biancore.
Infatti, come suggerisce il nome d’arte da lei scelto, Biancodichina, la maggior parte dei suoi pezzi si caratterizza per la mancanza di colore. L’artista preferisce lasciare alla luce il candore della materia o al massimo utilizzare smalti dalle tonalità naturali e delicate. Come afferma lei stessa, il colore non è centrale nella sua ricerca. Certo, può suggerire il “carattere” dell’oggetto che sta creando, ma non è questo che fa la differenza.
Ciò che conta è invece la materia e la forma. Alice, come ogni buon architetto, ama la concretezza ed è questa che ricerca anche nelle sue ceramiche. Ed è per questo che vuole che i suoi pezzi abbiano un volume che conferisca loro personalità e vita. Il momento essenziale di tutto il processo artistico è l’istante in cui bisogna imprimere forma al pezzo di argilla che si ha sul tornio. Questo è il momento che Alice preferisce, quello in cui ha la possibilità di mettere se stessa nel lavoro a cui si sta dedicando. L’energia della donna passa all’argilla che assume così una determinata forma.
I suoi lavori presentano sempre una fisionomia pulita, quasi minimale, dalla quale tuttavia prendono vita decorazioni che richiamano il mondo organico. Alice ama ispirarsi a dettagli della natura dai quali riesce a estrapolare l’essenza, trasformandoli in forme astratte. È così che è nato la sua prima collezione di vasi, “Guidaloca”. Guardando una fotografia del mare da lei scattata, si è soffermata sul disegno che le onde creavano e ha riprodotto tale forma in ceramica, applicando a forme pulite delicati petali che evocano il movimento del mare.
Dunque il mondo naturale è alla base del lavoro di Alice, ma è sempre usato con parsimonia e non entra mai brutalmente nel discorso artistico, configurandosi così come una lontana ispirazione. Inoltre i suoi lavori sono organici, non solo per le forme che li contraddistinguono, ma anche per il modo in cui sono creati. Alice parte da una serie di bozzetti e schizzi che tuttavia dimentica appena comincia ad avere a che fare con la materia. Guidata dall’istinto, crea una prima forma dalla quale poi nasceranno, come emanazioni dello stesso corpo artistico, le decorazioni, ciò che dà carattere alla ceramica.
Nascono così candidi organismi che creano un universo incantato e sereno, nel quale potrete immergervi durante la mostra a LuoghiComuni.
Ludovica Matarozzo