Le Mille Bolle Blu

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Blu
le mille bolle blu
Blu
le vedo intorno a me
blu
le mille bolle blu
che volano e volano e volano
Blu
le mille bolle blu
blu
mi sento dondolar
blu
tra mille bolle blu che danzano
su grappoli di nuvole

C’è qualcosa di più affascinante, magico e allo stesso tempo fragile e aleatorio di queste piccole sfere iridescenti? Le bolle incantano con la loro bellezza e poco importa se l’effetto scompare in un attimo: il fascino è nel loro essere così straordinariamente belle ma anche incredibilmente fugaci. La bellezza e la magia sta nell’attesa, nella voglia di vederle ricomparire dopo che sono esplose tra le dita appena si cerca di afferrarle. Niente di più effimero infatti delle leggerissime sfere di sapone, dall’ aspetto sempre mutevole e dalle sfumature iridescenti, sensibili a ogni soffio di vento e a ogni variazione d’ atmosfera. Con la loro delicata bellezza e il loro evidente simbolismo, legato alla vanità della vita, hanno spesso colpito la fantasia degli artisti, che ne hanno fatto soggetto dei loro dipinti, come il settecentesco Chardin o l’impressionista Manet.

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Jean-Baptiste-Siméon Chardin, Bolle di Sapone, 1734

Non si sono sottratti al loro fascino perfetto e fragile neppure letterati e poeti, da Gabriele d’Annunzio a Gianni Rodari. Dunque non solo svago senza tempo per i più piccoli, gioco e divertimento dall’incanto sempre nuovo. In realtà l’alchimia magica di bellezza e fugacità, nasconde l’estremo rigore di quelle sfere iridescenti, tanto da diventare oggetto di intenso studio per illustri scienziati dal 700 ad oggi.

Tomas Saraceno, l’artista architetto capace di coniugare scienza e arte,  ha realizzato infatti “On Space Time Foam”,  una sorprendente struttura fluttuante, una bolla per l’opera site-specific allestita all’Hangar Bicocca di Milano lo scorso anno. Fluttuare a 20 metri da terra senza un sopra né un sotto, un davanti o un dietro, immobili eppure in continuo movimento: il pubblico era coinvolto in un’esperienza emozionale senza pari, un sogno: ogni passo, ogni respiro influenzava lo spazio membrana, metafora visibile della nostra interdipendenza e interrelazione sul pianeta in cui viviamo.

Tomas Saraceno : On Space Time Foam at Hangar Bicocca 2012/2013
Photography by Alessandro Coco, © Studio Tomás Saraceno 2012

Lo studio delle bolle di sapone, della loro straordinaria struttura geometrica e delle loro proprietà ha sempre suscitato la curiosità deglii scienziati, dai matematici ai fisici, dai chimici ai biologi. A partire ad esempio da Isaac Newton, che all’ inizio del XVIII secolo fu il primo ad analizzarne e descriverne il variabilissimo colore. Non a caso, il massimo esperto italiano sull’argomento è proprio un matematico, Michele Emmer, docente dell’ Università La Sapienza di Roma e autore di numerosi articoli e saggi sull’argomento.

Ma venendo alla nostra estate Marisa Coppiano, una delle artiste di E’ ESTATE! in LuoghiComuni da sempre affascinata dalla bellezza effimera ed eterea delle bolle, interpreta il picnic vestendo una delle sue lampare con uno scenario dello svago estivo alla rincorsa delle bolle di sapone.

3. Marisa Coppiano_LAMPARA 1
Marisa Coppiano, Lampara

E ancora per E’ ESTATE! in LuoghiComuni venerdì 10 giugno, Davide Baldassarri, clown e giocoliere di Cirko Vertigo che ha fatto della versatilità il suo punto di forza, ci catturerà e ci stupirà dando forma a fantasmagoriche bolle di sapone sempre più grandi che farà volteggiare nell’aria accompagnandoci con la sua verve comica. .

4. Davide Baldassarri_La fabbrica delle bolle
Scuola di Cirko Vertigo

Marisa Coppiano

 

Rivelazioni 3

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La terza artista di E’ ESTATE! dal 7 giugno per Luoghi Comuni è Marisa Coppiano, che della rassegna Le4Stagioni è anche l’artefice.
Architetto, da sempre molto vicino al mondo dell’arte, coniuga l’impegno professionale dentro la progettazione dell’exhibit museale, con la sua sperimentazione tra le maglie dell’arte nelle sue molteplici espressioni.

Per E’ ESTATE! infatti Marisa si cimenta nelle arti applicate proponendo una serie di oggetti legati al quotidiano che diventano veri e propri pezzi  da collezione perché prodotti in serie limitata. A metà strada fra l’opera d’arte e l’oggetto di design si tratta di tre serie di piatti con le tovagliette in abbinamento e una batteria di lampade, le lampare.

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L’aspetto che domina il lavoro artistico di Marisa é la narrazione attraverso un mondo onirico pervaso da una forte espressività cromatica, che vede la donna come protagonista indiscussa, un vero e proprio inno alla figura femminile, indagata in tutte le sue sfaccettature.

Le lampare, che rievocano quelle usate dai pescatori sulle barche per illuminare di notte la superficie dell’acqua e richiamare i pesci, si configurano come delle vere e proprie

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Lampare, Marisa Coppiano

microstorie che si sviluppano sulla “pelle” di rivestimento del paralume. Infatti ciascuna lampara nasce da un collage che, per la specifica tematica del picnic estivo,  mette insieme la natura ed i suoi elementi col cibo, dando vita ad atmosfere alquanto surreali.
In questa fiaba regna sovrana la donna,  di cui vengono sottolineati i diversi aspetti:  dalla donna sognatrice e bambina, alla donna romantica o sensuale….

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Women Plates

Sempre la figura femminile è protagonista dei Women Plates, piatti sulle cui superfici vengono messe a confronto donne di culture e periodi storici differenti, sullo sfondo di trame narrative rilassanti, approdando ad una celebrazione universale della donna nel tempo eh.png nello spazio.
I mondi evocati da questi piatti rimandano alla pittura orientale per la cura dei dettagli e le trame di cui sono ammantati. E per questi piatti l’artista propone una serie di tovagliette che riprendono l’iconografia del mondo orientale.

Gli altri due lavori sono inediti elaborati per l’evento in Luoghi Comuni: nel primo – Che gambe! – un set di  sei piatti, rotondi ed ovali, la palette cromatica “spolverata” sulla superficie rimanda alla solarità della bella stagione; il secondo – Women in Wonderland – è un ensamble di  sei tovagliette e sei piatti che, differentemente combinati consentono di “giocare” alla ricerca di composizioni astratte che si rinnovano nel tempo, nell’interazione con chi se ne appropria, sulla tavola come sulla parete.

Composizione che Gambe
Che Gambe!

Questi lavori mi hanno evocato figure mitologiche femminili – Afrodite, Era, Artemide, Demetra che ben rappresentano l’archetipo variegato del “femminile”, che ci accompagna da sempre, interpretato in modo diverso attraverso i millenni.

Ludovica Matarozzo

PIATTI SOLO
Women in Wonderland

In un garbuglio di fili d’Arte

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Libri-Cuciti-nello-Studio-abitazione-di-Maria-Lai-Via-Prisciano-Roma-1992-foto-Manuela-De-Leonardis

In  passato netta era la distinzione tra le Arti cosiddette Maggiori – Pittura, Scultura e Architettura –  e le Arti Applicate. Questo termine viene introdotto intorno alla metà del XIX secolo per indicare quelle espressioni artistiche, nelle quali il processo creativo non è fine a se stesso ma è volto alla realizzazione di oggetti d’uso e di arredamento: oreficeria, artigianato artistico, design, moda….

Per un secolo gli storici dell’arte hanno snobbato le arti applicate, non ritenendole espressioni artistiche “alte” e quindi non degne di essere tenute in considerazione.

Oggi il dibattito su Arti Maggiori e Arti Applicate è ancora aperto, tuttavia è impossibile stabilire un confine preciso fra queste due tipologie d’arte perché spesso coesistono nello stesso manufatto o l’una utilizza gli strumenti dell’altra.

Questa contaminazione è dovuta agli artisti che a partire dall’inizio del ‘900 hanno cominciato a utilizzare tecniche e materiali tipici dell’arte applicata. Ed hanno cominciato a dedicarsi alle arti applicate, creando degli oggetti che non possono essere classificati né come opere d’arte pure ma neanche come oggetti d’uso dall’estetica molto sviluppata.

Il mare ha bisogno di fichiIn questo mondo di contaminazione fra Arti Maggiori e Arti Minori si colloca anche il lavoro di Maria Lai, che ha recuperato il cucito, una tecnica antica legata alla tradizione della sua isola – la Sardegna –, per farne uno strumento di arte concettuale.  Tra le sue opere si annoverano dei libri d’artista cuciti, in cui il filo è utilizzato per comporre scritture immaginarie, che danno vita a narrazioni colorate attraverso cui Maria Lai regala la sua visione del mondo e dell’arte. Sono lavori poetici, misteriosi, in cui le parole compongono frasi dal significato criptato e in cui i fili si ingarbugliano, tanto che a volte non si riesce ad aprire completamente la pagina….quasi come se ci fosse un segreto nell’universo, che non è dato conoscere né a 7_93_20070315161827noi, né all’artista.  Sfogliando le pagine dei suoi libri non si può fare a meno di pensare al Tempo, perché è impossibile dimenticare il lungo e paziente  lavoro che la realizzazione di queste opere ha richiesto.

Maria Lai ha utilizzato il filo, non solo in opere di piccolo formato, ma anche per installazioni ambientali. Un esempio su tutti la performance “Legarsi alla Montagna”, del 1981 ad Ulassai, suo paese d’origine, arroccato sui monti, ove i fili diventano protagonisti della vita e della memoria degli abitanti. L’abitato fu legato interamente da ciascun abitante, dentro un gruppo coordinato dall’artista, con un nastro di cotone blu il cui capo fu portato in cima alla parete di roccia sovrastante il paese.  Con questa operazione l’artista  ha disegnato con il filo nello spazio i rapporti sociali della comunità e il rapporto di questa con l’ambiente circostante.

legarsi_alla_montagna

Ludovica Matarozzo

Rivelazioni 2

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3.-PRIMAROSA-CESARINI-SFORZA

E chi è Primarosa Cesarini Sforza, un’altra delle tre artiste ospiti in Luoghi Comuni dal prossimo 7 Giugno?

La sua biografia parla di un’artista che ha molto lavorato, ha cominciato a dipingere all’età di 14 anni, e che ha esposto i suoi lavori in tutto il mondo. Come un uccello, si muove attraverso il mondo con modo di fare artistico leggero, poetico e di forte impatto.
I suoi lavori non utilizzano solo materiali nobili, ma Primarosa ama confrontarsi con i materiali più lontani dal mondo dell’arte, materiali poveri, di fortuna, oggetti di recupero, ai quali, grazie al suo occhio accorto, ne restituisce il senso poetico.

I tratti essenziali della sua arte si riscontrano anche nell’installazione che Primarosa primarosa14355presenta in Luoghi Comuni: una serie di ritagli di tela, appesi sulla parete, sui quali l’artista ha cucito con fili colorati, in modo abbozzato, uccelli e casette. Su alcuni frammenti di tessuto gli stessi soggetti sono dipinti, in modo frammentario, tanto da ricordare dei bozzetti.
Questo lavoro è contraddistinto da un accentuato carattere di ineffabilità: il suo cucito non è infatti mai definito nei particolari, ma pare quasi casuale e incompleto. I soggetti delle sue tele sono abbozzati, i fili ricamati non ancora tagliati, a sottolineare l’aspirazione dell’artista ad una non definitività, come se si trattasse di appunti appoggiati solo per un attimo su un muro.
Anche le tele dipinte sembrano essere inconcluse. In alcuni casi il soggetto non è neanche rappresentato nella sua interezza, ma l’artista ce ne riserva solo un particolare.

Cesarini-Sforza-Primarosa_oiseaux-chantent-avec-doigts_15_insitu-mairie4L’opera di Primarosa crea così uno spazio privato dell’artista, caratterizzato da una instabilità, come possibilità continua di mutamento e di crescita.
Nasce un racconto onirico, poetico, prettamente femminile e, dunque, caratterizzato da aspetti di  duplicità, tipici di questo sesso. Da un lato, c’è un aspetto di fragilità apparente dovuto alla materia, sia nell’opera sia nell’immagine del femminile, aspetto che nasconde invece una grande forza interiore, capace di “creare” sia nella concretezza della  realtà, sia nell’ambito artistico, un mondo abitato da forme incantatrici e simboliche.

Ludovica Matarozzo

La sinfonia della Natura

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Oggi, tornando a casa, ho deciso di fare una strada alternativa che mi avrebbe fatto passare per un parco di Milano. Probabilmente così  ci ho impiegato più tempo ad arrivare a destinazione, ma ne è valsa la pena!
Ho tolto dalle orecchie le cuffie dell’Ipod (che tanto non dovevo più sovrastare l’inquinamento acustico cittadino) e mi sono goduta una delle musiche più rilassanti e affascinanti che la Natura ci offre, il canto degli uccellini. Diversi tipi di uccelli, con i loro diversi cinguettii, hanno rallegrato il mio ritorno a casa, dopo una giornata lunga e stancante.

Come non riandare alla scena di un film straordinariamente bello, dello scorso dicembre, “Dio esiste e vive a Bruxelles”! Uno dei principali protagonisti, di fronte ad uno stormo di uccelli cinguettanti, inizia a dirigerne il canto e il movimento come un direttore d’orchestra.
Il film, diretto dal regista belga Jaco Van Dormael, oltre a muovere  riso  e pianto, oltre commuovere e pensare,  vive della suggestione di scene e musiche altamente poetiche.

Eccone una:
https://www.youtube.com/watch?v=yYMiaWn_VBg

Dio-esiste-e-vive-a-Bruxelles-1Rivedendo questa scena non ho potuto fare a meno di riflettere sullo stretto rapporto che intercorre fra Natura e Arte: la Natura è artista e crea magistrali opere d’arte, scenari mozzafiato. Dopotutto, uno stormo di uccelli non può forse competere con una orchestra?

Forse l’uomo ha cercato di ricreare la magia della Natura nella sua complessa semplicità con i propri strumenti e con le proprie energie.

Ma ha senso ipotizzare una competizione fra Arte e Natura? Non credo, sono troppo diverse per essere messe a confronto. La Natura ci colpisce per la spontaneità delle sue creazioni, l’Arte ci ammalia perché in grado di ricreare una Natura potenziata dal messaggio, dai simboli e dai sentimenti dell’artista che la produce.

Dunque limitiamoci a godere di tutta la bellezza che incontriamo, chiunque l’abbia creata!

Ludovica Matarozzo

 

 

Una Finestra sul Mare

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“Monumento per un Poeta Morto”, Tano Festa, 1989

A volte siamo così presi da noi stessi che evitiamo di guardarci intorno, di osservare, di camminare “a naso in su”,  fino a dimenticare addirittura il  luogo dove ci troviamo.

È così che rischiamo di dare per scontato il paesaggio che ci circonda, i panorami che attraversiamo, gli angoli del territorio che trascorrono sotto i nostri occhi distratti.

Ci vorrebbe “una cornice che incornici” un bello scorcio di mare o un frammento di campagna per indurre il nostro sguardo al fermo immagine, anche solo per un momento e svelarci la meraviglia che ci sta di fronte.

E Tano Festa ha tentato questa audace operazione: l’artista romano con la sua opera “Monumento per un Poeta Morto” – conosciuta anche come “Finestra sul Mare” – ha realizzato una colossale cornice affacciata sulla costa siciliana con un esito assolutamente sorprendente.

7La storia che sta dietro a quest’opera è un casus molto interessante: l’installazione fa parte infatti del grandioso progetto “Fiumara D’Arte”, nato dalla visionaria lungimiranza di Antonio Presti.

L’imprenditore chiamò dal 1982 un cospicuo numero di artisti a realizzare opere site specific che dialogassero con lo spazio ospite. Purtroppo questo progetto fu interrotto perché Presti fu dichiarato colpevole di occupazione del demanio marittimo col rischio di demolizione di quanto realizzato fino a quel momento.

Grazie all’intervento del Ministero dei Beni Culturali,  le accuse sono cadute e oggi Fiumara d’Arte è a tutti gli effetti un museo a cielo aperto noto anche fuori dai confini nazionali; è  una incantevole passeggiata lungo gli argini del fiume Tusa costellata dalle sculture di una serie di artisti tra i più importanti della scena contemporanea.

Quando vi capiterà di andare in Sicilia non mancate di assaporare la magica atmosfera di  Fiumara d’Arte e cogliete l’opportunità di osservare il paesaggio con l’occhio di un artista!

Ludovica Matarozzo

Dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei!

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BeFunky Collage

NON VOLEVO FARVI VENIR FAME!

Ma mostrarvi i lavori di Martin Parr, uno dei talenti britannici della fotografia.

Tramite i suoi scatti, caratterizzati dall’uso molto contrastato e luminoso del colore, racconta la storia del “cattivo” gusto e dei comportamenti della classe media inglese negli anni ’80.

Tema fondamentale del suo lavoro è il cibo e tutti i luoghi comuni che vi ruotano intorno.

Perché concentrarsi così morbosamente sul cibo, qualcosa di così banale, ma anche così essenziale nella nostra vita?

Come Martin Parr afferma il cibo è un indicatore sociale. Indica chi siamo, chi vorremmo essere e che direzione sta prendendo la società di cui facciamo parte.

Afferma infatti: “Io so che se vado ad Atlanta per  raccontare quell’ambiente e chi ci vive, mi colpiscono più i dolci coperti di glassa multicolore e i cosciotti di carne mangiati a una fiera, piuttosto che i monumenti della città – anche perché lì non ce ne sono molti. Nelle mie foto, comunque, non c’è mai un giudizio. Interesse, sì.”

Interessante quest’ultima affermazione!

Il lavoro di Martin Parr non vuole essere la solita critica al consumismo e alla cultura del junk food che sta conquistando l’intero pianeta. Egli vuole solo metterci davanti ad un dato di fatto e vuole lasciare a noi il compito di giudicare e, nel caso, di cambiare le cose!

Tra l’altro, mentre leggevo le pagine di un libro dedicato a Martin Parr ho scoperto che il fotografo si è interessato alla tematica del cibo anche perché ha notato quanto imbarazzo provano i suoi connazionali nei confronti del cibo e soprattutto a mangiare in luoghi pubblici.

Ma allora perché in tutto il mondo usiamo la parola picnic per indicare un’attività che forse gli inglesi non apprezzano?

Ludovica Matarozzo

A colazione con Spoerri

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4.Assemblage, Daniel Spoerri
Daniel Spoerri, Tableau Piège, 1972

Lo so cosa starete pensando!

“Ma perché devo dedicare tempo all’ennesima fotografia di una colazione, per lo più la colazione un po’ misera di un gruppo di fumatori incalliti? Mi basta andare su Instagram e verrò bombardato da colazioni, pranzi e cene del mondo intero. Che, tra l’altro, avranno un aspetto migliore: così poi mi verrà fame e tocca rimandare la prova costume!”

Ma l’apparenza inganna e quel che avete davanti non è affatto la fotografia di una semplice colazione ma un’installazione di Daniel Spoerri.

Nel 1967 Spoerri fonda il movimento artistico chiamato 5.image“Eat Art” e lavora alla serie di tavole, appese verticalmente al muro, su cui attacca avanzi di cibo, stoviglie, oggetti comuni, ricreando delle tavole imbandite a fine pasto che tuttavia hanno perso il loro significato iniziale: da luogo per mangiare, la tavola si è trasformata in opera d’arte.

Dopotutto l’artista sosteneva che l’atto del mangiare non era solo una funzione essenziale dell’esistenza umana ma anche un atto creativo!

Spoerri voleva indagare i principi fondamentali dell’alimentazione e capire quale fosse il confine fra l’arte e il cibo.

O forse semplicemente non aveva voglia, come tutti noi, di sparecchiare?!?

Spoerri era talmente interessato al tema dell’alimentazione che nel 1968 aprì il Ristorante

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Pagina dedicata al cuore e ai suoi utilizzi in cucina,  dal libro di ricette di Spoerri

Spoerri a Dusseldorf (purtroppo ha chiuso nel 1980) e scrisse numerose ricette di cucina!

Perché non ne cercate qualcuna? Potreste servirvene per il prossimo picnic che organizzerete!

 

Ludovica Matarozzo