Rivelazioni 3

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La terza artista di E’ ESTATE! dal 7 giugno per Luoghi Comuni è Marisa Coppiano, che della rassegna Le4Stagioni è anche l’artefice.
Architetto, da sempre molto vicino al mondo dell’arte, coniuga l’impegno professionale dentro la progettazione dell’exhibit museale, con la sua sperimentazione tra le maglie dell’arte nelle sue molteplici espressioni.

Per E’ ESTATE! infatti Marisa si cimenta nelle arti applicate proponendo una serie di oggetti legati al quotidiano che diventano veri e propri pezzi  da collezione perché prodotti in serie limitata. A metà strada fra l’opera d’arte e l’oggetto di design si tratta di tre serie di piatti con le tovagliette in abbinamento e una batteria di lampade, le lampare.

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L’aspetto che domina il lavoro artistico di Marisa é la narrazione attraverso un mondo onirico pervaso da una forte espressività cromatica, che vede la donna come protagonista indiscussa, un vero e proprio inno alla figura femminile, indagata in tutte le sue sfaccettature.

Le lampare, che rievocano quelle usate dai pescatori sulle barche per illuminare di notte la superficie dell’acqua e richiamare i pesci, si configurano come delle vere e proprie

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Lampare, Marisa Coppiano

microstorie che si sviluppano sulla “pelle” di rivestimento del paralume. Infatti ciascuna lampara nasce da un collage che, per la specifica tematica del picnic estivo,  mette insieme la natura ed i suoi elementi col cibo, dando vita ad atmosfere alquanto surreali.
In questa fiaba regna sovrana la donna,  di cui vengono sottolineati i diversi aspetti:  dalla donna sognatrice e bambina, alla donna romantica o sensuale….

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Women Plates

Sempre la figura femminile è protagonista dei Women Plates, piatti sulle cui superfici vengono messe a confronto donne di culture e periodi storici differenti, sullo sfondo di trame narrative rilassanti, approdando ad una celebrazione universale della donna nel tempo eh.png nello spazio.
I mondi evocati da questi piatti rimandano alla pittura orientale per la cura dei dettagli e le trame di cui sono ammantati. E per questi piatti l’artista propone una serie di tovagliette che riprendono l’iconografia del mondo orientale.

Gli altri due lavori sono inediti elaborati per l’evento in Luoghi Comuni: nel primo – Che gambe! – un set di  sei piatti, rotondi ed ovali, la palette cromatica “spolverata” sulla superficie rimanda alla solarità della bella stagione; il secondo – Women in Wonderland – è un ensamble di  sei tovagliette e sei piatti che, differentemente combinati consentono di “giocare” alla ricerca di composizioni astratte che si rinnovano nel tempo, nell’interazione con chi se ne appropria, sulla tavola come sulla parete.

Composizione che Gambe
Che Gambe!

Questi lavori mi hanno evocato figure mitologiche femminili – Afrodite, Era, Artemide, Demetra che ben rappresentano l’archetipo variegato del “femminile”, che ci accompagna da sempre, interpretato in modo diverso attraverso i millenni.

Ludovica Matarozzo

PIATTI SOLO
Women in Wonderland

In un garbuglio di fili d’Arte

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In  passato netta era la distinzione tra le Arti cosiddette Maggiori – Pittura, Scultura e Architettura –  e le Arti Applicate. Questo termine viene introdotto intorno alla metà del XIX secolo per indicare quelle espressioni artistiche, nelle quali il processo creativo non è fine a se stesso ma è volto alla realizzazione di oggetti d’uso e di arredamento: oreficeria, artigianato artistico, design, moda….

Per un secolo gli storici dell’arte hanno snobbato le arti applicate, non ritenendole espressioni artistiche “alte” e quindi non degne di essere tenute in considerazione.

Oggi il dibattito su Arti Maggiori e Arti Applicate è ancora aperto, tuttavia è impossibile stabilire un confine preciso fra queste due tipologie d’arte perché spesso coesistono nello stesso manufatto o l’una utilizza gli strumenti dell’altra.

Questa contaminazione è dovuta agli artisti che a partire dall’inizio del ‘900 hanno cominciato a utilizzare tecniche e materiali tipici dell’arte applicata. Ed hanno cominciato a dedicarsi alle arti applicate, creando degli oggetti che non possono essere classificati né come opere d’arte pure ma neanche come oggetti d’uso dall’estetica molto sviluppata.

Il mare ha bisogno di fichiIn questo mondo di contaminazione fra Arti Maggiori e Arti Minori si colloca anche il lavoro di Maria Lai, che ha recuperato il cucito, una tecnica antica legata alla tradizione della sua isola – la Sardegna –, per farne uno strumento di arte concettuale.  Tra le sue opere si annoverano dei libri d’artista cuciti, in cui il filo è utilizzato per comporre scritture immaginarie, che danno vita a narrazioni colorate attraverso cui Maria Lai regala la sua visione del mondo e dell’arte. Sono lavori poetici, misteriosi, in cui le parole compongono frasi dal significato criptato e in cui i fili si ingarbugliano, tanto che a volte non si riesce ad aprire completamente la pagina….quasi come se ci fosse un segreto nell’universo, che non è dato conoscere né a 7_93_20070315161827noi, né all’artista.  Sfogliando le pagine dei suoi libri non si può fare a meno di pensare al Tempo, perché è impossibile dimenticare il lungo e paziente  lavoro che la realizzazione di queste opere ha richiesto.

Maria Lai ha utilizzato il filo, non solo in opere di piccolo formato, ma anche per installazioni ambientali. Un esempio su tutti la performance “Legarsi alla Montagna”, del 1981 ad Ulassai, suo paese d’origine, arroccato sui monti, ove i fili diventano protagonisti della vita e della memoria degli abitanti. L’abitato fu legato interamente da ciascun abitante, dentro un gruppo coordinato dall’artista, con un nastro di cotone blu il cui capo fu portato in cima alla parete di roccia sovrastante il paese.  Con questa operazione l’artista  ha disegnato con il filo nello spazio i rapporti sociali della comunità e il rapporto di questa con l’ambiente circostante.

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Ludovica Matarozzo

Rivelazioni 2

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3.-PRIMAROSA-CESARINI-SFORZA

E chi è Primarosa Cesarini Sforza, un’altra delle tre artiste ospiti in Luoghi Comuni dal prossimo 7 Giugno?

La sua biografia parla di un’artista che ha molto lavorato, ha cominciato a dipingere all’età di 14 anni, e che ha esposto i suoi lavori in tutto il mondo. Come un uccello, si muove attraverso il mondo con modo di fare artistico leggero, poetico e di forte impatto.
I suoi lavori non utilizzano solo materiali nobili, ma Primarosa ama confrontarsi con i materiali più lontani dal mondo dell’arte, materiali poveri, di fortuna, oggetti di recupero, ai quali, grazie al suo occhio accorto, ne restituisce il senso poetico.

I tratti essenziali della sua arte si riscontrano anche nell’installazione che Primarosa primarosa14355presenta in Luoghi Comuni: una serie di ritagli di tela, appesi sulla parete, sui quali l’artista ha cucito con fili colorati, in modo abbozzato, uccelli e casette. Su alcuni frammenti di tessuto gli stessi soggetti sono dipinti, in modo frammentario, tanto da ricordare dei bozzetti.
Questo lavoro è contraddistinto da un accentuato carattere di ineffabilità: il suo cucito non è infatti mai definito nei particolari, ma pare quasi casuale e incompleto. I soggetti delle sue tele sono abbozzati, i fili ricamati non ancora tagliati, a sottolineare l’aspirazione dell’artista ad una non definitività, come se si trattasse di appunti appoggiati solo per un attimo su un muro.
Anche le tele dipinte sembrano essere inconcluse. In alcuni casi il soggetto non è neanche rappresentato nella sua interezza, ma l’artista ce ne riserva solo un particolare.

Cesarini-Sforza-Primarosa_oiseaux-chantent-avec-doigts_15_insitu-mairie4L’opera di Primarosa crea così uno spazio privato dell’artista, caratterizzato da una instabilità, come possibilità continua di mutamento e di crescita.
Nasce un racconto onirico, poetico, prettamente femminile e, dunque, caratterizzato da aspetti di  duplicità, tipici di questo sesso. Da un lato, c’è un aspetto di fragilità apparente dovuto alla materia, sia nell’opera sia nell’immagine del femminile, aspetto che nasconde invece una grande forza interiore, capace di “creare” sia nella concretezza della  realtà, sia nell’ambito artistico, un mondo abitato da forme incantatrici e simboliche.

Ludovica Matarozzo