In un garbuglio di fili d’Arte

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In  passato netta era la distinzione tra le Arti cosiddette Maggiori – Pittura, Scultura e Architettura –  e le Arti Applicate. Questo termine viene introdotto intorno alla metà del XIX secolo per indicare quelle espressioni artistiche, nelle quali il processo creativo non è fine a se stesso ma è volto alla realizzazione di oggetti d’uso e di arredamento: oreficeria, artigianato artistico, design, moda….

Per un secolo gli storici dell’arte hanno snobbato le arti applicate, non ritenendole espressioni artistiche “alte” e quindi non degne di essere tenute in considerazione.

Oggi il dibattito su Arti Maggiori e Arti Applicate è ancora aperto, tuttavia è impossibile stabilire un confine preciso fra queste due tipologie d’arte perché spesso coesistono nello stesso manufatto o l’una utilizza gli strumenti dell’altra.

Questa contaminazione è dovuta agli artisti che a partire dall’inizio del ‘900 hanno cominciato a utilizzare tecniche e materiali tipici dell’arte applicata. Ed hanno cominciato a dedicarsi alle arti applicate, creando degli oggetti che non possono essere classificati né come opere d’arte pure ma neanche come oggetti d’uso dall’estetica molto sviluppata.

Il mare ha bisogno di fichiIn questo mondo di contaminazione fra Arti Maggiori e Arti Minori si colloca anche il lavoro di Maria Lai, che ha recuperato il cucito, una tecnica antica legata alla tradizione della sua isola – la Sardegna –, per farne uno strumento di arte concettuale.  Tra le sue opere si annoverano dei libri d’artista cuciti, in cui il filo è utilizzato per comporre scritture immaginarie, che danno vita a narrazioni colorate attraverso cui Maria Lai regala la sua visione del mondo e dell’arte. Sono lavori poetici, misteriosi, in cui le parole compongono frasi dal significato criptato e in cui i fili si ingarbugliano, tanto che a volte non si riesce ad aprire completamente la pagina….quasi come se ci fosse un segreto nell’universo, che non è dato conoscere né a 7_93_20070315161827noi, né all’artista.  Sfogliando le pagine dei suoi libri non si può fare a meno di pensare al Tempo, perché è impossibile dimenticare il lungo e paziente  lavoro che la realizzazione di queste opere ha richiesto.

Maria Lai ha utilizzato il filo, non solo in opere di piccolo formato, ma anche per installazioni ambientali. Un esempio su tutti la performance “Legarsi alla Montagna”, del 1981 ad Ulassai, suo paese d’origine, arroccato sui monti, ove i fili diventano protagonisti della vita e della memoria degli abitanti. L’abitato fu legato interamente da ciascun abitante, dentro un gruppo coordinato dall’artista, con un nastro di cotone blu il cui capo fu portato in cima alla parete di roccia sovrastante il paese.  Con questa operazione l’artista  ha disegnato con il filo nello spazio i rapporti sociali della comunità e il rapporto di questa con l’ambiente circostante.

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Ludovica Matarozzo